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Pinochet: il cane � morto ma la rabbia persiste

Inserito nel sito UITA il 20-Dec-2006



L�ex-dittatore Augusto Pinochet ha realizzato molto di quanto si era prefissato, ma la sua morte per cause naturali in un letto d�ospedale ad un�et� rispettabile, circondato dai suoi cari e con un �fan club� (anche se di dimensioni limitate) che lo piangeva per strada, gli ha senz�altro permesso di realizzare il suo sogno finale e pi� macabro.

I fatti sono abbondantemente documentati: omicidi, �scomparse�, torture ed altre violazioni dei diritti umani, oltre al patrimonio ammassato grazie a omicidi, furti, traffici di armi e droga, completato da compensazioni appena velate per il suo asservimento alle grandi potenze mondiali e per il tradimento del suo popolo e dei paesi vicini.

La �mollezza� del sistema giudiziario cileno nella causa contro Pinochet lascia in bocca un gusto terribilmente amaro. Il trattamento di Pinochet contrasta con l�atteggiamento severo mostrato in altre cause, come quella dei tre ufficiali uruguaiani che, su ordine di Pinochet, rapirono Eugenio Berr�os, esperto chimico, tenendolo prigioniero nello stato democratico dell�Uruguay e le cui spoglie furono ritrovate pi� tardi sepolte in una spiaggia uruguaiana. I tre ufficiali furono estradati verso il Cile, dove furono accusati poi liberati su cauzione senza il diritto di lasciare il paese. Il generale, per�, continu� a ridere.

Pinochet non era uno spirito maligno, bens� il raffinato risultato di un esercito addestrato fin dall�inizio nelle pi� pure e dure tradizioni prussiane, cui si erano aggiunte forti dosi di nazismo e fondamentalismo cattolico. Pinochet ed il suo regime trasformarono il Cile in un gigantesco laboratorio per la messa in opera delle pi� orride teorie dei �Chicago Boys�. Questi economisti ad oltranza trovarono l�esecutore perfetto nell�aguzzino di Santiago, che gett� le basi di un modello economico che, con qualche variante, esiste ancor�oggi.

Pinochet sal� al potere grazie alla guerra fredda, dotato di munizioni grazie alla societ� ITT, con la missione di distruggere quello che era allora uno dei popoli pi� organizzati e politicamente attivi e consapevoli dell�America latina. La crudelt� e brutalit� della repressione furono proporzionali alla paura che quest�organizzazione popolare incuteva nelle classi dominanti locali e nel mondo.

Sotto la sua dittatura, il movimento sindacale fu totalmente represso: finiti i sindacati, finiti i diritti dei lavoratori, finiti i contratti collettivi, salari ridotti a poco pi� di un�elemosina e una pallottola per chiunque osasse protestare. Il �modello cileno� fu costruito non solo su 30 mila persone scomparse ma anche su un popolo soffocato, minacciato, controllato, perseguitato ed affamato.

Pinochet ed i suoi accoliti, pi� di chiunque altro, arrivarono all�estremo limite di costruire un regime dove il business non aveva ostacoli. Non ci volle molto per i gruppi transnazionali ad accorgersi degli enormi vantaggi offerti da quel complesso militare nazionale che si comportava come un esercito d�occupazione e ad installarsi in Cile con gran pompa. Le basi di quel sistema rimangono largamente intatte. L�impunit� politica e giuridica garantita da Pinochet e dalle classi che lo appoggiarono e beneficiarono dei suoi crimini ci costringono a sorvegliare attentamente il futuro del paese. La morte dell�assassino dovrebbe servire a scatenare una lotta decisiva per costringere la societ� cilena a definire il posto di Pinochet e di tutto quello che egli rappresenta nella storia del paese, compito che significa trovare un posto in quelle pagine di storia anche per l�altra faccia del Cile: la faccia pi� umana e democratizzante simboleggiata da Salvador Allende.

Le prime indicazioni non sono promettenti e non solo in Cile. In Argentina, per esempio, dovremmo preoccuparci fortemente della recente e tuttora inspiegata scomparsa di Julio L�pez, testimone chiave nei processi contro l�assassino Etchecolatz, accusato di genocidio, e dell�incessante campagna di minacce ed intimidazioni contro i noti fautori dei diritti umani in quel paese, molti dei quali sono superstiti della �sporca guerra�. In Brasile, il Presidente Lula continua ad ignorare le richieste presentate da anni da organismi di difesa dei diritti umani che gli chiedono di aprire gli archivi militari affinch� si possa conoscere la vera storia della dittatura del Brasile, altro regime militare che introdusse un modello economico � il �miracolo brasiliano� � precursore del modello usato da Pinochet e che, per molti aspetti, lo annunciava.

In Uruguay, gli ufficiali dell�esercito e della polizia pi� famosi, accusati di aver comandato la repressione sotto il Piano Condor � un�altra invenzione dell�aguzzino di Santiago � sono stati portati in tribunale e aspettano il processo in prigione, insieme all�ex-dittatore Juan Mar�a Bordaberry ed al suo Ministro degli esteri, Juan Carlos Blanco. Queste azioni da parte del potere giudiziario in Uruguay sono un chiaro passo avanti nella ricerca di giustizia, tuttora ostacolata dalla Legge sulla scadenza dei poteri punitivi dello Stato, il cui annullamento � attualmente stato chiesto da settori importanti della societ�, tramite una campagna appoggiata dall�UITA America latina. Ciononostante, dobbiamo ancora realizzare la prima parte della richiesta espressa da lungo tempo dalla sinistra oggi al potere: la verit�. I resoconti forniti dai militari sul destino delle persone sparite si sono rivelati pura disinformazione e anche in questo caso gli archivi militari sono protetti dall�oscurit� dei quartieri generali fortemente sorvegliati.

La morte di Pinochet dovrebbe invitarci a riflettere sulle gravi conseguenze che le dittature militari hanno lasciato nelle societ� dell�America latina. Deve spingerci ad individuare, analizzare e denunciare ogni sorta d�impunit�; deve rafforzare il nostro impegno per una lotta determinata a favore della democrazia con giustizia sociale, memoria, giustizia per tutti e dignit�.

Che nessuno dimentichi l�aguzzino di Santiago ... e che nessuno mai pi� debba temerlo!

Gerardo Iglesias, Segretario regionale UITA per l�America latina e Carlos Amorin.