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Riunisce i lavoratori agroalimentari e del turismo di tutto il mondo



La Cina e la lobby mondiale dello sfruttamento

Inserito nel sito UITA il 21-Dec-2006



La primavera scorsa, il governo cinese present� un progetto di legge sui contratti di lavoro, invitando il pubblico a fare commenti entro 30 giorni. Le Camere di commercio americana e dell�UE ed il Consiglio economico USA-Cina (che rappresentano quasi tutti i principali investitori statunitensi ed europei nel paese) risposero ciascuno con un lungo catalogo di obbiezioni. I 30 giorni sono pi� che scaduti, ma ci� non ha impedito alle associazioni ed ai loro singoli membri di esercitare pressioni contro la proposta di legge. In certi casi, le pressioni delle societ� sono state accompagnate da minacce di ritirarsi dalla Cina in caso di approvazione del progetto. Come scrisse la Camera di commercio americana di Shanghai nel suo commento pubblico sul progetto di legge, questo �avrebbe conseguenze negative sulla competitivit� della RPC e sulla sua attrattivit� come destinazione d�investimenti esteri.� Pare che alcune societ� siano state anche pi� chiare e dirette.

In tutto il mondo, i lavoratori sono abituati alle minacce degli imprenditori di subappaltare il lavoro o di chiudere del tutto e spostarsi in Cina. Cosa spinge ora questi stessi imprenditori a minacciare di partire dalla Cina ? La Global Labour Strategies (www.laborstrategies.org), l�organizzazione che per prima rifer� di questa offensiva delle multinazionali, giustamente fa notare che la proposta di legge �non dar� ai lavoratori cinesi il diritto di avere sindacati indipendenti con dirigenti liberamente scelti e il diritto allo sciopero. Le multinazionali straniere combattono questa proposta non perch� darebbe troppo poca protezione ai lavoratori, ma perch� ne d� loro troppa. Effettivamente, il progetto di legge potrebbe incoraggiare i lavoratori ad organizzarsi ed esigere l�applicazione dei diritti che offre.�

Cosa contiene questa proposta di legge da urtare tanto la sensibilit� delle multinazionali? Essa minaccia di moderare, almeno sulla carta, alcuni dei principali abusi che riescono efficacemente a mantenere i lavoratori cinesi nella povert�, cio� quelle pratiche che sono servite da catalizzatore per attirare investimenti esteri diretti in cos� grandi quantit�. Grazie alla nuova legge, i milioni di lavoratori cinesi che attualmente non hanno nessun contratto di lavoro dovrebbero averne uno e quindi godere dei diritti che questo comporterebbe. I periodi di prova praticamente illimitati, che sono stati utilizzati per mantenere i lavoratori in uno stato di precariet� permanente, sarebbero sostituiti da un periodo normalmente non superiore a 6 mesi. I lavoratori non sarebbero pi� responsabili di pretesi costi di �formazione� quando cambiano lavoro; le indennit� di licenziamento sarebbero introdotte per quei lavoratori i cui contratti a tempo determinato non sono rinnovati (la Camera di commercio americana afferm� che ci� era �assolutamente irragionevole�); lavoratori interinali assunti tramite agenzie diventerebbero fissi dopo un anno; le riduzioni d�organico avverrebbero sulla base dell�anzianit� (la Camera di commercio americana pretese che si trattava di �discriminazione�[sic]). Infine, il progetto di legge prevede che le pratiche aziendali che includono salute e sicurezza, riduzioni di personale e licenziamenti dovrebbero essere negoziate con un sindacato o un �rappresentante dei dipendenti�.

Insomma, il progetto di legge costituirebbe un insieme minimo di norme in materia di lavoro. Da sempre i sindacalisti diffidano dell�espressione �rappresentazione dei dipendenti� perch� potrebbe autorizzare (come avviene) sindacati di commodo. E mentre non esistono sindacati indipendenti in Cina, ci� che ha chiaramente infuriato gli investitori � la possibilit� di cedere persino una piccolissima parte del loro diritto di dirigere le fabbriche a piacimento.

I diritti in materia di lavoro sono forti quanto lo sono i sindacati che li fanno applicare, mentre decretare per legge norme lavorative fondamentali, quali il diritto ad un contratto o un�indennit� di licenziamento, potrebbe dare ai lavoratori cinesi una leva rilevante per organizzarsi e chiedere questi diritti. Le proporzioni eccezionali delle agitazioni in Cina, dove scioperi e manifestazioni di massa sono diventati quasi settimanali o addirittura giornalieri, dimostrano che la classe lavoratrice cinese sta acquistando fiducia in s� stessa e capacit� d�organizzarsi. Ecco il contesto in cui la finanza internazionale esercita forti pressioni per combattere la nuova legislazione.

I sindacati in tutto il mondo hanno un interesse fondamentale a sconfiggere questa offensiva delle multinazionali. Il primo passo � stato quello di divulgare questa campagna di pressioni: i sindacati statunitensi hanno lanciato l�allarme ed un gruppo di rappresentanti del Congresso ha chiesto al Presidente Bush di condannare pubblicamente gli sforzi delle societ� americane e di rappresentanti del governo per indebolire od ostacolare questa proposta di legge, oltre che appoggiare ufficialmente norme minime pi� forti per i lavoratori cinesi.

I sindacati europei dovrebbero anch�essi divulgare le attivit� di pressione delle transnazionali basate nell�UE ed insistere per un�azione politica a livello nazionale e dell�UE. Bisognerebbe sfidare pubblicamente i politici (in particolare chi sta nei ministeri del lavoro e dell�industria) a riconciliare queste manovre per mantenere condizioni di sfruttamento con le loro affermazioni ideologiche sulla missione civilizzatrice del commercio liberalizzato e dei flussi d�investimenti. Dopo l�iniziativa del Congresso americano, i sindacati europei possono chiedere ai governi nazionali e alla Commissione europea di respingere gli sforzi delle multinazionali di far diluire o ritirare il progetto di legge. I sindacati possono esigere dalle multinazionali presenti in Cina di esprimere pubblicamente la loro posizione su questo progetto di legge (e le loro attivit� in materia) e chiedere alla Camera di commercio dell�UE di rinunciare ad opporvisi e cambiare posizione immediatamente.

I sindacati potrebbero esplorare la possibilit� di agire presso l�OCSE contro le multinazionali che continuano a far pressioni contro il progetto di legge. L�Art. IV delle sue Linee guida per le multinazionali afferma, tra l�altro, che queste societ� dovrebbero �adottare norme di lavoro e di relazioni industriali non meno favorevoli di quelle adottate da datori di lavoro comparabili nel paese ospite.� Le Linee guida dell�OCSE ingiungono anche ai datori di lavoro di evitare �coinvolgimenti sconvenienti nelle attivit� politiche locali�. Multinazionali basate nell�UE stanno premendo sul governo cinese affinch� annulli le norme minime in gran parte sancite da tempo dal diritto europeo, a cominciare dal diritto ad un contratto di lavoro. I lobbisti dovrebbero essere sfidati dovunque.

Le procedure legislative cinesi sono fumose, a dir poco, ma la Legge sul contratto di lavoro potrebbe entrare in vigore in Marzo 2007. E� il momento di agire.